Non mi ero ancora scrollata di dosso
l’odore dei banchi di scuola che mi sono ritrovata, più per un
caso fortuito che per scelta, a osservare alunni da dietro una
cattedra e con un registro in mano. Eppure non mi sembrava più lo
stesso mondo… Certo, direte voi, il ruolo era decisamente cambiato.
Giusto! Ma non era neanche questo: quello che non riuscivo a fare era
immedesimarmi in quei ragazzi.
É ben noto quanto sia faticosa
l’adolescenza, ci sono passata anch’io, ma quanto potesse essere
dura e difficile la vita per alcuni ragazzi non lo avevo mai pensato,
ovattata nel mio piccolo mondo di paese e preoccupata solo dalla
versione di latino e dalla funzione di geometria analitica.
Mi sono bastati pochi anni d’insegnamento in alcuni istituti professionali per aprire gli occhi.
Studentesse, di appena quattordici anni, costrette a vivere in comunità, sotto l’ordinanza giudiziale, perché chi avrebbe dovuto proteggerle... avete capito, no?
Mi sono bastati pochi anni d’insegnamento in alcuni istituti professionali per aprire gli occhi.
Studentesse, di appena quattordici anni, costrette a vivere in comunità, sotto l’ordinanza giudiziale, perché chi avrebbe dovuto proteggerle... avete capito, no?
Ho incontrato ragazzi assillati fino
all’inverosimile dalle famiglie e altri lasciati a se stessi al
punto che sarebbero venuti a scuola anche a Natale pur di stare
dentro una stanza con un po’ di calore umano. In mezzo a questi
estremi c’è il rischio di incontrare di tutto: droga, alcool,
anoressia, bulimia, schizofrenia…
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